Esperienza

UN OMAGGIO A DEMNA: LA MOSTRA RICAPITOLATIVA DI BALENCIAGA

Team ISSUE - Luglio 2nd, 2025

Nel cuore di una città che ha visto nascere e cadere imperi estetici, Balenciaga inaugura la sua esposizione più ambiziosa di sempre. Intitolata Balenciaga par Demna, la mostra è molto più di un semplice percorso attraverso un decennio di collezioni: è una dissezione chirurgica di un cambio di paradigma. Quello che viene esposto non è solo abbigliamento, ma una visione che ha frantumato la tradizione per fondare un nuovo ordine estetico.

Allestita nello storico edificio di Kering — un ex monastero che dialoga perfettamente con la tensione tra sacro e profano coltivata da Demna — la mostra non mira a piacere né a rassicurare. Al contrario: disturba, interroga e, nei suoi momenti più lucidi, commuove. È una capsula del tempo in cui i capi parlano, si ripetono e si rifiutano di invecchiare.

Dal suo arrivo in Balenciaga nel 2015, Demna ha operato secondo una logica radicale: decostruire l’eleganza dall’interno. Per lui, il lusso non risiede nei materiali nobili né nelle silhouette impeccabili, ma nel gesto di sovvertire le aspettative. In questa mostra, quel gesto si fa tangibile. Ci sono capi che imitano il volgare, borse che sembrano sacchetti del mercato, cappotti che travolgono i corpi. Ma tutto è calibrato con precisione estrema.

Ogni look esposto — oltre cento, tra archivio, pezzi inediti e ricostruzioni — è allestito come una dichiarazione. C’è un’eco di Cristóbal Balenciaga, sì, ma filtrata attraverso una lente distopica, urbana, marginale. Come se la silhouette degli anni Cinquanta fosse passata in un tunnel post-apocalittico per poi riemergere mutata, più forte, più scomoda.

Cortesia Balenciaga

Uno degli aspetti più affascinanti dell’esposizione è come Demna abbia fatto dell’artificio uno strumento di verità. Nei suoi capi, il falso si mostra come vero: i jeans sono in pelle, le T-shirt sembrano sporche, le sneakers arrivano già usurate. Quel ribaltamento dei codici — spesso frainteso dai critici come cinismo — si rivela qui come una critica frontale alle tradizionali forme del desiderio nella moda.

La mostra gioca anche con il formato museografico: non esiste una narrazione lineare. È un archivio in ebollizione; invece della cronologia, c’è confronto, e tutto accade contemporaneamente. Come se Demna volesse dirci che la storia non si racconta più a capitoli.

Ma ciò che rende questa esposizione davvero significativa è che, anche nel suo ruolo retrospettivo, non è nostalgica. Nessuna autocompiacenza. Se questa decade ha insegnato qualcosa, è che Demna non ha cercato solo di reinterpretare Balenciaga: ha voluto ridefinire il rapporto tra marchio, moda e tempo. Balenciaga par Demna è un manifesto visivo di cosa significhi progettare nel presente: con ironia, peso politico e brutale onestà.

A pochi giorni dalla presentazione di quella che potrebbe essere la sua ultima collezione di haute couture per la maison, questa mostra sembra anche un atto conclusivo. Un epilogo che non guarda al passato con malinconia, ma con la calma di chi sa di aver già scritto una pagina cruciale della storia della moda.

Cortesia Balenciaga

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