PROTESTA SILENZIOSA: IL MESSAGGIO DI WILLY CHAVARRÍA A PARIGI
Team ISSUE - Luglio 7th, 2025
Una fila di uomini rasati, vestiti con t-shirt bianche e shorts oversize, si inginocchia sulla passerella con le mani intrecciate dietro la schiena. Nessuna musica. Nessuna luce abbagliante. Nessun glamour superficiale. Solo silenzio. Solo denuncia. Così è iniziata Huron, la collezione SS26 presentata dallo stilista messicano-americano Willy Chavarría alla Paris Fashion Week. Più che una sfilata, è stata una dichiarazione politica: una coreografia di resistenza e memoria.
La scena d’apertura, ispirata alle carceri salvadoregne dove centinaia di persone vengono detenute senza processo, e ai blitz dell’ICE contro le comunità migranti negli Stati Uniti, ha lasciato il pubblico senza fiato. Le t-shirt indossate dai modelli, realizzate in collaborazione con l’ACLU (American Civil Liberties Union), contenevano un messaggio stampato all’interno: “Un’unione più perfetta, oltre una persona, un partito o uno schieramento”. Persino l’invito allo show era costruito come una citazione migratoria — ma con una svolta di speranza: “Notifica del diritto di esistere”.
A questo inizio solenne ha fatto seguito un cambio di tono calcolato: capi ricchi di colore, volumi esagerati e una sartoria raffinata. Gonne con spalle strutturate, completi oversize in tonalità pastello, riferimenti allo stile cholo e cenni all’abbigliamento da lavoro latino. Una narrazione in cui la bellezza diventa resistenza, l’abito si fa armatura e il design si trasforma in linguaggio politico. Come ha affermato lo stesso Chavarría: “Non mi interessa il lusso come simbolo di privilegio, ma come espressione autentica della personalità”.
Cortesia Willy Chavarría
Lo show, che ha reso omaggio all’eredità chicana dello stilista e ai suoi genitori immigrati, ha scatenato anche una reazione politica inaspettata: il presidente di El Salvador, Nayib Bukele, ha criticato duramente la collezione, accusandola di glorificare i criminali. La risposta del mondo della moda è stata diversa: applausi, emozione, e una riflessione sul potere della passerella come strumento di cambiamento. “Questo momento è stato di riflessione”, ha scritto il team di Chavarría. “La disumanizzazione subita dagli immigrati negli Stati Uniti non può più essere ignorata.”
In un’industria che spesso preferisce l’estetica all’etica, Willy Chavarría ha scelto la via più difficile: usare la sua visibilità per dare visibilità. Ha dimostrato che non basta creare abiti belli, se non comunicano nulla. Che in tempi di deportazioni, repressione e violenza, anche sfilare può essere un atto di resistenza. Mentre molti brand si limitano a intrattenere o decorare, lui osa disturbare, provocare, aprire conversazioni scomode. Perché, per Chavarría, la moda non è una fuga dalla realtà: è uno strumento di trasformazione sociale, un mezzo per raccontare storie silenziate e restituire loro dignità. La sua collezione non è stata solo una proposta estetica. È stata una presa di posizione. Un atto di coraggio. E soprattutto, un invito urgente a non voltarsi dall’altra parte.
Cortesia Willy Chavarría