NUOVI VOLTI, NUOVE VISIONI: I DEBUTTI CHE CAMBIERANNO IL CORSO DELLA MODA
Team issue - Mayo 5th, 2025
La moda è un orologio che non segna mai la stessa ora. A ogni stagione, le lancette girano verso l’inaspettato — e nel 2025, il ticchettio annuncia una rivoluzione: una nuova ondata di direttori creativi è pronta a ridefinire il DNA delle maison più iconiche. Da Chanel a Gucci, passando per Versace e Maison Margiela, questi nomi — alcuni consacrati, altri emergenti — promettono collezioni che saranno più dichiarazioni artistiche che semplici vestiti. Siamo davanti a una rinascita della moda o a un terremoto di ego? Solo il tempo lo dirà. Ma l’attesa è già un cliffhanger da serie cult.
Matthieu Blazy da Chanel: il nuovo custode dello chic.
Se Virginie Viard manteneva viva la fiamma di Karl, Blazy potrebbe reinventarla. Ex direttore creativo di Bottega Veneta e maestro dell’artigianato silenzioso, affronta ora la sfida più grande: equilibrare l’eleganza eterna di Chanel con la sua ossessione per il movimento e la forma. Il suo primo défilé a settembre sarà la prova del nove: riuscirà a far “cantare” il tweed senza snaturarlo?
Jonathan Anderson da Dior Homme: il mago del surrealismo maschile.
Dopo il suo brillante regno da Loewe, Anderson porta la sua mente inquieta da Dior Homme. Se Kim Jones ha fuso streetwear e haute couture, l’irlandese potrebbe spingersi verso sculture sartoriali, tessuti che sfidano la gravità e accessori destinati a rubare la scena. Il debutto a giugno a Parigi sarà un evento da bollino rosso.
Demna Gvasalia da Gucci: il salvatore o il sabotatore?
Gucci ha bisogno di una scossa dopo anni altalenanti, e Demna — il provocatore di Balenciaga — è la scommessa più rischiosa. Manterrà il massimalismo storico della maison o lo immergerà nel suo universo di shock e ironia? Una cosa è certa: i suoi show saranno i più discussi (e meme-ati) dell’anno.
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Dario Vitale da Versace: la Medusa in una nuova luce.
Sostituire Donatella dopo 27 anni è come ereditare un impero in fiamme. Vitale, napoletano come Gianni, arriva in piena acquisizione da parte di Prada. Rispettare l’eccesso barocco di Versace o fonderlo con il minimalismo pradaiano? Il suo debutto a Milano sarà decisivo.
Glenn Martens da Maison Margiela: il re della decostruzione.
Se Galliano era il poeta, Martens è l’architetto. Dopo la rivoluzione denim firmata Diesel, prende le redini di Margiela. Aspettatevi tabi boots riconcettualizzati, abiti rovesciati e tessuti che sembrano sciogliersi. L’avant-garde torna protagonista.
Jack McCollough e Lázaro Hernández da Loewe: il ritorno del dream team.
I fondatori di Proenza Schouler ora raccolgono l’eredità di Anderson. Il loro stile — minimalismo con edge newyorkese — potrebbe avvicinare Loewe a un linguaggio più urbano. Ma l’artigianalità rimane sacra: i puristi saranno in agguato.
Duran Lantink da Jean Paul Gaultier: addio collaborazioni, benvenuto futuro.
Lantink, noto per il suo approccio upcycled e genderless, è la scelta più radicale per Gaultier. Resterà fedele all’irriverenza camp della maison o esplorerà un’estetica più concettuale? Il suo debutto di settembre si preannuncia il più virale.
Simone Bellotti da Jil Sander: meno è più, ma meglio.
Dopo l’uscita dei Meier, Bellotti è chiamato a proteggere il minimalismo sacro di Jil Sander, con un tocco più umano. La sua prima collezione a Milano ha già parlato chiaro: tessuti tattili, silhouette fluide e una visione che incarna il quiet luxury in chiave emozionale.
Michael Rider da Celine: il dopo Hedi Slimane.
Rider, ex Ralph Lauren, affronta una delle eredità più pesanti della moda. Proseguirà nel glam oscuro di Slimane o porterà Celine verso un’eleganza più prep e rilassata? L’autunno svelerà la sua visione.
Louise Trotter da Bottega Veneta: la nuova sacerdotessa dello stealth wealth?
Dopo l’acclamato regno di Blazy, Trotter — ex Lacoste — dovrà preservare l’aura cult di Bottega. Il suo stile sofisticato e discreto potrebbe essere l’equilibrio perfetto per continuare a dominare la scena del lusso silenzioso.
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