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MORE IS MORE?: MARC JACOBS E L’ESPERIMENTO DI UNA BELLEZZA AMPLIFICATA

Team ISSUE - Luglio 4th, 2025

Marc Jacobs non ha presentato una collezione: ha posto una domanda. Nella New York Public Library, con le note di Nick Cave in sottofondo e modelle che camminavano su una passerella stretta con zeppe impossibili, il designer ha proposto una nuova equazione della bellezza. La formula? Pizzo, crinoline, imbottiture giganti e fiocchi bidimensionali in proporzioni che sfioravano il delirio. Una sfilata durata appena quattro minuti, ma sufficiente a chiarire un concetto: nel suo universo, il “less is more” non ha mai avuto posto.

La collezione Autunno 2025 portava un titolo semplice: Beauty. Ma chi si aspettava armonia, equilibrio o una visione classica dell’estetica era nel posto sbagliato. Jacobs ha citato una definizione quasi da dizionario nelle sue note, ma ciò che è apparso in passerella era tutto fuorché ovvio. Pantaloni cargo con tasche grandi quanto zaini, abiti voluminosi con fianchi imbottiti, camicie con maniche a cuore esagerate e bustini decorati con reggiseni oversize come fossero collage. Tutto appariva familiare, ma talmente distorto da diventare irriconoscibile. Ed è proprio lì che risiede il punto.

Dalla sua ricomparsa post-pandemica, l’esagerazione è diventata il suo segno distintivo. E questa stagione non ha fatto eccezione. Jacobs ha amplificato non solo le proporzioni, ma anche la percezione, la nostalgia, la teatralità e perfino l’assurdo. Il romanticismo prendeva la forma di pizzi viola, fiocchi infiniti e un trucco “da colpo di fulmine” firmato Pat McGrath. Ma era un romanticismo disturbante, a tratti inquietante. Come se le modelle provenissero da un universo parallelo tra il vittoriano, il punk e il grottesco.

Cortesia Marc Jacobs

Ma questa strategia dell’eccesso funziona? Dipende. Come spettacolo, senza dubbio: nessuno costruisce una narrativa visiva come Marc Jacobs. I suoi 19 look sono stati un’ode all’immaginazione pura, più vicini a un film di Yorgos Lanthimos (Poor Things, The Lobster, The Favourite) che a una collezione prêt-à-porter. Ma come proposta moda, rimane l’interrogativo: stiamo assistendo a un’evoluzione artistica o a un sovraccarico visivo che finisce per saturare e alienare? In molti casi, i volumi erano talmente estremi da nascondere il capo anziché rivelarlo. Il rischio è che il messaggio si perda nel rumore, che il concettuale oscuri il desiderabile e che il termine “bello” diventi direttamente indecifrabile.

Forse è proprio questo l’intento di Jacobs: provocare. Allontanarsi dal vendibile per avvicinarsi all’irripetibile. Essere artista prima che designer funzionale. In un’epoca in cui molte maison puntano sull’usabilità e sulla moderazione, lui continua a essere il grande illusionista che ci invita a sognare, anche se lo fa con maniche che sembrano mongolfiere. More is more? Con Jacobs, perlomeno, more è sempre qualcos’altro.

Cortesia Marc Jacobs

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