Cultura, Esperienza

MARRAKECH, MUSA ETERNA: UNA CITTÀ CHE HA RISCRITTO L’EREDITÀ DI YSL

Team ISSUE - Luglio 17th, 2025

Yves Saint Laurent non trovò in Marrakech soltanto una destinazione esotica per le vacanze: scoprì un luogo capace di scuotere la sua immaginazione, liberare la sua creatività e trasformare radicalmente il suo modo di disegnare. Nel 1966, a soli 30 anni, arrivò per la prima volta nella città rossa con il compagno Pierre Bergé e, senza saperlo, iniziò una storia d’amore che avrebbe segnato la sua vita per sempre. Marrakech gli offrì qualcosa che Parigi non poteva dargli: luce, colore, caos, bellezza spontanea e una calma interiore che si sarebbe riflessa nelle sue collezioni più memorabili.

YSL aveva radici africane: era nato a Orano, in Algeria, e conosceva l’intensità dei paesaggi, i contrasti culturali e la ricchezza visiva del Maghreb. Ma fu proprio a Marrakech che quell’eredità si risvegliò completamente. La città lo scosse nel profondo e gli insegnò a guardare il colore con occhi nuovi. Nelle sue stesse parole: “La potenza e la qualità della luce in Marocco mi hanno fatto vedere i colori in modo diverso”. Quella che era iniziata come una fuga divenne presto un rifugio imprescindibile, una fonte di energia creativa a cui tornava religiosamente due volte l’anno.

L’impatto fu immediato. Tornato a Parigi, YSL acquistò una piccola casa nella medina, Dar el-Hanch, che poi sostituì con una residenza più ampia a Guéliz: Dar Es Saada, nota anche come Villa Oasis. Lì nacquero molte delle sue idee più audaci. Marrakech non divenne soltanto il suo palcoscenico intimo, ma anche una forza che permeò le sue collezioni. Nel 1966 lanciò una linea direttamente ispirata alla città: caftani, tuniche, veli, colori vivaci, silhouette fluide e una forte presenza di capi maschili reinterpretati per il corpo femminile. Un’estetica vibrante che segnò l’inizio della sua fase più sensuale, cromatica ed emotiva.

Cortesia Getty Images

Ma il legame con Marrakech non fu solo visivo. Fu profondamente personale. In questa città, Yves trovò pace, gioia e comunità. Festeggiò con Andy Warhol, i Rolling Stones e artisti da tutto il mondo. Passeggiò nei souk, collezionò tessuti, osservò in silenzio gli artigiani locali. Il Jardin Majorelle — allora abbandonato — divenne la sua nuova ossessione. Nel 1980, lui e Bergé lo acquistarono per salvarlo dalla demolizione. Ne restaurarono la vegetazione, revitalizzarono l’architettura e tinsero i muri di quell’iconico blu elettrico. È proprio lì, tra bouganville, palme e stagni, che oggi riposano le sue ceneri.

L’impronta di YSL a Marrakech è oggi tangibile. Nel 2017 è stato inaugurato il Musée Yves Saint Laurent, a pochi passi dal Jardin Majorelle: una facciata imponente in mattoni e oltre 5.000 pezzi d’archivio. Un luogo di pellegrinaggio per chi desidera comprendere il suo processo creativo, la passione per i tessuti del Nord Africa, i suoi schizzi, bozzetti e collezioni. È anche un promemoria di come la moda possa nutrirsi dell’anima di un luogo senza appropriarsene, ma celebrandolo e restituendogli valore.

Oggi, l’influenza di Marrakech nella maison YSL è ancora viva: dalle collaborazioni con artigiane locali alle pratiche sostenibili nella regione dell’Ourika, dove si coltivano ingredienti naturali per le sue linee di bellezza. Ma al di là del tangibile, ciò che rimane è quell’eredità invisibile nata in una città e capace di cambiare la storia di un couturier. Marrakech non fu solo musa: fu casa, rifugio, una fonte inesauribile di bellezza, misticismo e ispirazione. Fu il luogo dove Yves Saint Laurent smise di disegnare con la ragione e cominciò a creare con il cuore.

Cortesia Getty Images

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