Cultura

IL GRAN COUTURIER DELLA BELLE ÉPOQUE: L’EREDITÀ DIMENTICATA DI PAUL POIRET

Team issue - Aprile 22nd, 2025

Immagina Parigi nel 1906: strade acciottolate, carrozze trainate da cavalli, e donne imprigionate in corsetti che sembravano gabbie. Poi arriva lui, un giovane audace di 27 anni: Paul Poiret. Niente discorsi, niente manifesti. Solo forbici, seta e visione. È così che inizia la rivoluzione silenziosa di un uomo che, sebbene oggi poco ricordato, fu il rockstar della moda durante la Belle Époque—decenni prima delle passerelle spettacolo o delle collaborazioni artistiche.

Nato nel 1879 da una famiglia modesta (il padre era un mercante di tessuti), Poiret impara l’arte della sartoria realizzando vestiti per le bambole della sorella con scarti di stoffa per ombrelli. Il suo talento lo porta prima nell’atelier di Jacques Doucet, poi da Worth, dove i suoi abiti—troppo all’avanguardia—fanno storcere il naso alle clienti più conservatrici. Ma Poiret non è tipo da arrendersi. Nel 1903, a soli 23 anni, apre la sua maison. La sua missione? Liberare la donna dal corsetto. E ci riesce, con una forza dirompente.

Abiti drappeggiati come onde, kimono che infrangono la rigidità europea, pantaloni harem che scandalizzano l’élite parigina. Poiret non crea solo moda: crea esperienze. È il primo a organizzare sfilate come feste spettacolari, come la celebre Fête de la mille et deuxième nuit, dove le invitate si travestono da odalische. Pioniere anche del profumo (Rosine, dedicato alla figlia), dell’interior design (Atelier Martine) e del concetto di moda come universo totale. Il marketing? Lo ha inventato lui: collabora con artisti come Raoul Dufy, usa manichini viventi e si allea con grandi magazzini, anticipando il prêt-à-porter.

Per gentile concessione di Getty Images

Ma la storia è spesso crudele. La Prima Guerra Mondiale lo allontana dall’atelier (servì come sarto militare) e al suo ritorno trova una Parigi cambiata. Il minimalismo di Coco Chanel domina la scena. Poiret, fedele alla sua visione teatrale e artigianale, rifiuta di adattarsi. Morirà in povertà nel 1944, dimenticato da molti.

Eppure, il suo DNA sopravvive: nei drappeggi fluidi di Galliano, nelle sfilate-spettacolo delle maison contemporanee, nella libertà che oggi diamo per scontata. Nel 2007, il Metropolitan Museum di New York lo incorona King of Fashion. E nel 2025, il Musée des Arts Décoratifs di Parigi gli dedica una grande retrospettiva.

Poiret non ha solo vestito un’epoca: l’ha reinventata. E anche se il suo nome non risuona quanto altri, la sua firma è quell’eco silenziosa che vive in ogni abito che mette la libertà prima della tradizione.

Come disse una volta:

“I veri eleganti sono quelli che creano la moda, non quelli che la seguono.”
E nessuno, più di lui, ne fu la prova.

Per gentile concessione di Getty Images

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