CLIMAX DI HAUTE COUTURE: IL POTENTE DEBUTTO DI GLENN MARTENS DA MAISON MARGIELA
Team ISSUE - Luglio 14th, 2025
Un seminterrato industrial nel 19° arrondissement di Parigi è stato il palcoscenico dove Glenn Martens ha scelto di piantare la sua bandiera. Niente sfarzo né luci abbaglianti. Solo tensione, crudezza e un’aura teatrale che trasformava ogni capo in un manifesto. Così è stato il debutto del designer belga alla guida di Maison Margiela con la collezione Artisanal 2025: un’esperienza oscura, sensoriale e destabilizzante. E lo è stata con intenzione. In una settimana dell’Alta Moda già destinata a entrare nella storia, Martens ha offerto l’atteso momento “wow”.
Ispirato alla sua infanzia nella città gotica di Bruges, all’architettura medievale delle Fiandre e alle nature morte del XVII secolo, Martens ha costruito un universo in cui la bellezza emergeva dalla decadenza. Abiti che sembravano scavati dal passato, maschere metalliche come relitti di un naufragio, plastiche spettrali, bijoux riciclati e texture che invocavano una seconda vita. Il tutto sotto un’estetica che non aveva paura di sporcarsi le mani. Letteralmente. L’artigianalità qui si è rivelata un atto di ricostruzione emotiva, in dialogo profondo con il DNA originario della maison.
Ma è stato abbastanza? È stato all’altezza del lignaggio che eredita? Non è facile raccogliere l’eredità di Martin Margiela, né tantomeno succedere a John Galliano. Martens lo sa. Eppure, ha osato guardare indietro senza cadere in omaggi sterili. Ha recuperato elementi iconici dell’immaginario Margiela — le maschere, la decostruzione, i materiali di recupero — e li ha fusi con una visione scenica personale, con tocchi fiamminghi, gotici e post-apocalittici. Alcuni potrebbero trovarlo eccessivo o disordinato. Ma, se Margiela ci ha insegnato qualcosa, è che anche il dissonante può essere verità.
Cortesia Maison Margiela
Ciò che Martens ha fatto non è stato semplicemente “adempiere”. È stata una dichiarazione di una nuova era. Un’era in cui Margiela resta irriverente, provocatoria ed emotivamente intensa. La sua visione è più cupa, meno ironica rispetto a quella dei predecessori, ma altrettanto fedele a ciò che ha sempre definito la maison: la volontà di disturbare. E questo, in un’industria spesso incline alla compiacenza, è un atto necessario.
Per ora, il futuro di Martens da Margiela appare promettente. Il suo primo passo è stato deciso, rischioso e intriso di una sensibilità belga che non si perde nei manierismi. Ha dato nuova voce a una maison che vive di rischio, e lo ha fatto con emozione, dettaglio e artigianalità. Se questo è solo l’inizio, non resta che attendere quali altre stratificazioni dell’identità Margiela sarà disposto a rivelare. Perché l’anima della casa non solo è tornata. È tornata con forza, con rumore e con un’estetica che sfida ogni convenzione sulla bellezza. Martens non si accontenta di ripetere formule né di vivere all’ombra dei grandi nomi che l’hanno preceduto. È qui per scrivere il suo capitolo. Uno che profuma di terra bagnata, di pizzo consumato, di storia riciclata. Uno che, per ora, ci lascia in sospeso, inquieti e con gli occhi ben aperti.
Cortesia Maison Margiela