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CELINE SS 2026: MICHAEL RIDER INAUGURA UN NUOVO CAPITOLO

Team ISSUE - Luglio 10th, 2025

Un foulard in seta bianco e nero è stato il primo indizio. Non era in passerella, ma sulle spalle, borse e cinture degli ospiti arrivati alla sede di Celine in Rue Vivienne. Un accessorio trasformato in talismano del giorno, simbolo evidente di un nuovo inizio, ma con memoria. Così è cominciato il debutto di Michael Rider come direttore creativo di Celine, in una sfilata che ha generato grande attesa, inevitabili paragoni con i suoi predecessori — Hedi Slimane e Phoebe Philo — e una collezione che ha camminato con passo sicuro tra la nostalgia e lo sguardo rivolto al futuro. Ma che ha lasciato anche interrogativi sul vero posto di Rider nella storia della maison.

In una piovosa domenica parigina, la sfilata ha mostrato un mix di codici preppy, accenti americani, sartorialità strutturata e silhouette aderenti che si sono allontanate dal minimalismo oversize che molti si aspettavano. Al suo posto, Rider ha proposto pantaloni sartoriali — ma anche bombati —, giacche con spalle marcate, LBD con profili di cristallo, borse reinterpretate in formato XL, charms abbondanti e foulard annodati al collo. Il tutto accompagnato dalle note malinconiche dei The Cure, come sottotesto emotivo: qui c’è emozione, contraddizione e una certa malinconia.

Ma è stata una buona collezione? Sì. È stata una collezione Celine? Dipende da chi risponde. Rider non ha cancellato il passato, ma neppure ha cercato una rottura radicale. La sua proposta è ibrida: prende elementi dal suo passato da Ralph Lauren, dalla sobrietà BCBG francese, dall’eredità intellettuale di Philo e dalla redditività di Slimane. Ma nel tentativo di piacere a tutti, qualcosa si perde. Alcuni pezzi — come i pantaloni bombati, i loghi esagerati, i collier barocchi — sfiorano la caricatura. Era davvero necessario? Oppure questo “massimalismo funzionale” vuole proprio essere memorabile?

Cortesia Celine

Come debutto, Rider dimostra mestiere, sensibilità e rispetto per la maison che lo ha formato. Il suo sguardo sul vestire come atto emotivo — qualcosa da custodire, ereditare e trasformare nel tempo — è potente e sincero. Tuttavia, resta da capire se il suo approccio avrà la forza di definire una nuova era in un’industria che non perdona le mezze misure. In un contesto economico e creativo incerto, Celine non aveva bisogno solo di una buona sfilata: serviva una direzione chiara.

Questo primo capitolo sotto la guida di Rider è una lettera di presentazione solida, ma non ancora definitiva. Ha basi solide, ma cerca ancora una voce propria. Forse la sua scommessa non è quella del clamore, ma della costanza. E forse Celine oggi non ha bisogno di una rivoluzione, bensì di qualcuno che sappia tradurre la sua eredità nel linguaggio del presente. Michael Rider, per ora, sembra scrivere questa storia con una calligrafia elegante, ma priva di punti esclamativi. Il vero compito sarà far sì che quella calligrafia non passi inosservata. Celine gli ha aperto le porte. Ora tocca a lui decidere se restare comodo nel salotto… o attraversare con forza tutta la casa.

Cortesia Celine

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